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Novembre 7, 2025Quando si riceve una diagnosi di tumore uroteliale localizzato nella parte alta dell’apparato urinario, l’intervento chirurgico rappresenta spesso la soluzione terapeutica standard. La Nefroureterectomia per tumore delle alte vie urinarie è la procedura di riferimento per trattare in modo oncologicamente radicale questa patologia. Questo intervento, per la sua complessità tecnica e per le implicazioni oncologiche, richiede un’elevata specializzazione.
L’obiettivo non è solo rimuovere il tumore, ma farlo con la massima precisione, minimizzando l’impatto sul paziente e gestendo il rischio di future recidive in vescica. In centri ad alto volume, come quello diretto dal Prof. Matteo Ferro a Milano, l’approccio mininvasivo robotico è diventato lo standard d’eccellenza. Questa tecnologia permette di eseguire l’intera procedura attraverso piccole incisioni, con una visione tridimensionale magnificata e una precisione strumentale superiore, garantendo una rapida presa in carico del paziente e un recupero post-operatorio accelerato.
Nefroureterectomia per tumore delle alte vie urinarie: cos’è e quando farla?
La Nefroureterectomia è l’intervento chirurgico radicale che prevede l’asportazione in blocco del rene, dell’intero uretere e di una piccola porzione di vescica (chiamata “cuffia vescicale” o “pastiglia“) dove l’uretere si inserisce.
Indicazioni e Alternative
Questa procedura è considerata il gold standard per la maggior parte dei carcinomi uroteliali dell’alta via (UTUC), specialmente per quelli infiltranti (ad alto grado o stadio avanzato). Il motivo di questa radicalità risiede nella natura stessa del carcinoma uroteliale: si tratta dello stesso tipo di tumore che colpisce la vescica, noto per la sua tendenza alla “multifocalità”, ovvero a presentarsi in più punti della via urinaria.
Rimuovere l’intero condotto (rene, pelvi e uretere) previene la recidiva lungo il tragitto. Tuttavia, non tutti i pazienti sono candidati all’intervento radicale. In casi molto selezionati di tumori piccoli, superficiali (a basso grado) e non infiltranti, o in pazienti con un rene unico o una funzione renale già compromessa, si possono valutare opzioni organ-sparing (che preservano il rene):
- Chirurgia endoscopica: Utilizzo di un sottile strumento (ureteroscopio) che risale l’uretere per distruggere il tumore con il laser.
- Resezioni segmentarie: Asportazione solo del pezzo di uretere malato, ricollegando poi i due monconi sani (possibile solo in specifiche localizzazioni).
- Instillazioni topiche: Somministrazione di farmaci (chemioterapia o BCG) direttamente nella pelvi renale attraverso un piccolo catetere (nefrostomia).
Queste alternative conservative richiedono però un follow-up endoscopico molto serrato, dato l’alto rischio di recidiva.
Tecniche chirurgiche a confronto (open, laparoscopica, robotica)
L’asportazione di rene, uretere e cuffia vescicale può essere eseguita con tre approcci principali:
- Chirurgia “Open” (a cielo aperto): È la tecnica tradizionale. Richiede una o due grandi incisioni sull’addome e sul fianco per accedere agli organi. Sebbene oncologicamente efficace, è gravata da un impatto post-operatorio significativo (maggior dolore, perdita di sangue, tempi di degenza e recupero più lunghi).
- Chirurgia Laparoscopica: Un approccio mini invasivo che utilizza una telecamera e strumenti lunghi inseriti attraverso piccole incisioni (porte) addominali. Ha rappresentato un grande passo avanti rispetto alla chirurgia open, riducendo il dolore e la degenza.
- Chirurgia Robotica (Da Vinci): È l’evoluzione della laparoscopia. Il chirurgo non opera con gli strumenti in mano, ma siede a una console dove controlla i bracci del robot. Questo offre vantaggi ineguagliabili:
- Visione 3D magnificata: Permette di vedere i dettagli anatomici con estrema chiarezza.
- Precisione e Stabilità: Gli strumenti robotici hanno una mobilità superiore alla mano umana (rotazione a 360°) ed eliminano ogni tremore.
- Mininvasività: Minori perdite di sangue, minor dolore post-operatorio, cicatrici più piccole e una degenza ospedaliera spesso ridotta a pochi giorni.
La fase più delicata è la gestione della “pastiglia vescicale”, ovvero la rimozione dell’ultimo tratto di uretere e della parete vescicale circostante, che deve essere poi suturata. Con la tecnologia robotica, anche questa fase complessa viene eseguita con la massima precisione mininvasiva, senza dover ricorrere a incisioni aggiuntive. Il ruolo di un chirurgo esperto e di un team affiatato è fondamentale per massimizzare i benefici della tecnologia robotica e garantire la sicurezza oncologica.
Per una valutazione sulla Nefroureterectomia per tumore delle alte vie urinarie, contatta il Prof. Ferro al 3508195362.
Complicanze possibili e come si prevengono/gestiscono
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Come ogni intervento chirurgico maggiore, la nefroureterectomia comporta dei rischi, che oggi sono significativamente ridotti grazie alle tecniche mininvasive e a protocolli di gestione avanzati. I rischi generali includono quelli comuni a tutta la chirurgia addominale: infezioni della ferita, sanguinamento (che raramente richiede trasfusioni con la robotica), trombosi venosa (prevenuta con calze elastiche e farmaci anticoagulanti), o la formazione di ernie sulle piccole incisioni (laparoceli). I rischi specifici della procedura sono legati principalmente alla rimozione dell’uretere e alla chiusura della vescica:
- Fistola urinosa: Una piccola perdita di urina dalla sutura della vescica. Viene prevenuta lasciando un catetere vescicale per alcuni giorni, permettendo alla vescica di cicatrizzare correttamente.
- Stenosi anastomotiche: Sebbene qui non vi sia una vera anastomosi (ricollegamento), la cicatrizzazione della vescica può, in rari casi, creare restringimenti.
- Lesioni a organi vicini: Molto rare con la tecnica robotica, che permette una dissezione precisa.
Un centro ad alto volume previene queste complicanze attraverso una tecnica chirurgica meticolosa, l’uso di materiali di sutura appropriati e un monitoraggio attento nel post-operatorio. La maggior parte delle complicanze, se identificate precocemente, viene gestita con successo senza necessità di un secondo intervento.
Degenza, convalescenza e ritorno alle attività
Il percorso di recupero è drasticamente cambiato con l’avvento della chirurgia robotica.
Degenza Ospedaliera
Se un intervento open tradizionale può richiedere dai 7 ai 10 giorni di ricovero, con un approccio robotico mininvasivo la degenza media si riduce significativamente, attestandosi spesso tra i 3 e i 5 giorni. Il paziente viene mobilizzato (messo in piedi e invitato a camminare) già il giorno dopo l’intervento, per accelerare il recupero e ridurre i rischi (protocolli ERAS – Enhanced Recovery After Surgery).
Gestione Post-operatoria
Si esce dall’ospedale con il catetere vescicale, che viene mantenuto per circa 7-10 giorni totali per garantire la perfetta cicatrizzazione della vescica. Potrebbe essere presente anche un piccolo drenaggio addominale, solitamente rimosso prima della dimissione.
Ritorno alle Attività
Il ritorno alla vita normale è progressivo:
- Guida dell’auto: Generalmente possibile dopo 2-3 settimane (una volta rimosso il catetere e in assenza di dolore).
- Lavoro: Per lavori d’ufficio, si può riprendere dopo 3-4 settimane. Per lavori fisicamente pesanti, è necessario attendere 6-8 settimane.
- Sport: Attività leggere (camminare) sono incoraggiate da subito. Per sforzi intensi (palestra, corsa) è bene attendere almeno 6 settimane.
Follow-up Oncologico
Dopo l’intervento, inizia un percorso di sorveglianza fondamentale. Vivere con un solo rene non comporta limitazioni significative, ma è cruciale monitorare il rischio di recidiva. Il carcinoma uroteliale ha un’alta probabilità di ripresentarsi in vescica. Il follow-up prevede controlli regolari con esami di imaging (TC Urografia), esami citologici delle urine e, soprattutto, cistoscopie (controllo endoscopico della vescica) a intervalli regolari per molti anni.
“Pastiglia vescicale” (cuffia) e gestione del tratto distale
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Un dettaglio tecnico cruciale di questo intervento, che fa la differenza in termini di risultati oncologici, è la gestione della “pastiglia vescicale” (o bladder cuff). L’urotelio, il tessuto da cui origina il tumore, riveste l’intero sistema urinario, dalla pelvi renale fino alla vescica. L’uretere non si “appoggia” semplicemente alla vescica, ma la attraversa per un breve tratto prima di sboccare al suo interno. Se il chirurgo si limitasse a “tagliare” l’uretere all’ingresso della vescica, lascerebbe in sede quel piccolo segmento di urotelio intra-murale, che rappresenta un punto ad altissimo rischio di recidiva tumorale.
Per questo motivo, la nefroureterectomia radicale deve includere l’asportazione di un dischetto (una “pastiglia“) di parete vescicale completa attorno allo sbocco dell’uretere. Questo garantisce di rimuovere tutto il tessuto a rischio. L’intervento si conclude con la sutura della breccia vescicale, operazione che la precisione robotica rende sicura e accurata. Una corretta gestione della cuffia vescicale è uno dei fattori più importanti per ridurre il tasso di recidive intravescicali successive.
Oncologia integrata: chemioterapia perioperatoria e instillazioni vescicali
L’approccio al tumore dell’alta via non è solo chirurgico, ma multidisciplinare. La decisione terapeutica viene discussa da un team che include l’urologo-chirurgo, l’oncologo medico e il radioterapista.
Chemioterapia Perioperatoria (Neoadiuvante e Adiuvante)
A seconda dello stadio del tumore (valutato con la TC pre-operatoria) e delle condizioni del paziente, si può decidere per una chemioterapia (solitamente a base di cisplatino):
- Neoadiuvante (Prima dell’intervento): Proposta nei casi di malattia localmente avanzata, per “ridurre” il tumore (downstaging) e facilitare la chirurgia, oltre che per trattare precocemente eventuali micrometastasi.
- Adiuvante (Dopo l’intervento): Raccomandata nei pazienti che, all’esame istologico definitivo, risultano ad alto rischio (es. tumori infiltranti pT3/pT4 o con linfonodi positivi pN+). Recenti studi scientifici (analisi del 2024) hanno confermato con forza che la chemioterapia adiuvante in questi pazienti ad alto rischio migliora significativamente la sopravvivenza globale e la sopravvivenza cancro-specifica.
Rischio di Recidiva Vescicale e Instillazioni
Come accennato, il rischio maggiore dopo l’intervento è lo sviluppo di un nuovo tumore uroteliale in vescica (fino al 30-40% dei casi). Per ridurre questo rischio, spesso si esegue una singola instillazione intravescicale di un farmaco chemioterapico (come la Mitomicina C) subito dopo l’intervento o alla rimozione del catetere. Studi recenti (2024) stanno anche analizzando l’impatto di fattori di rischio modificabili, come il fumo di sigaretta.
Nuovi approcci basati su machine learning hanno evidenziato come il fumo influenzi i marcatori infiammatori, che sono cruciali nella risposta immunitaria (ad esempio al BCG, un farmaco immunoterapico usato per le recidive vescicali). Questo rinforza l’imperativo assoluto per il paziente di smettere di fumare al momento della diagnosi, per migliorare l’efficacia delle terapie future e ridurre il rischio di nuove malattie.
La chirurgia robotica è la scelta d’elezione per la Nefroureterectomia per tumore delle alte vie urinarie. Prenota una visita al 3508195362.
Percorso con il Prof. Matteo Ferro a Milano
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Affrontare un intervento di nefroureterectomia richiede un percorso chiaro, rapido e basato sulla fiducia. Presso il centro del Prof. Matteo Ferro a Milano, il paziente viene preso in carico da un’equipe dedicata.
- Prima Visita e Decisione Condivisa: Il primo passo è una visita urologica approfondita. Il Prof. Ferro valuta personalmente l’imaging (TC Urografia, Risonanza Magnetica) e gli esami endoscopici (eventuale ureteroscopia diagnostica). Vengono discussi apertamente i rischi e i benefici dell’intervento robotico rispetto alle alternative (se applicabili), definendo un piano condiviso con il paziente.
- Accesso Rapido alla Sala Operatoria: Grazie a un’organizzazione efficiente, i tempi di attesa per l’intervento chirurgico sono ridotti al minimo, fattore cruciale in oncologia.
- Chirurgia Robotica e Protocolli ERAS: L’intervento viene eseguito dal Prof. Ferro e dalla sua equipe con la piattaforma robotica Da Vinci più avanzata. Vengono applicati i protocolli ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) che prevedono una gestione ottimizzata del dolore (minimizzando gli oppiacei) e una mobilizzazione precoce per accelerare il recupero.
- Gestione Multidisciplinare: Il caso viene gestito in sinergia con l’oncologo medico per pianificare l’eventuale chemioterapia perioperatoria e con il team infermieristico per il counseling sulla gestione del catetere e sulla convalescenza a casa.
L’obiettivo è garantire la massima radicalità oncologica utilizzando la tecnologia mini invasiva più avanzata, per preservare la qualità di vita del paziente e permettere un rapido ritorno alla normalità.
Domande Frequenti
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Quali sono le possibili complicanze di una nefroureterectomia?
I rischi principali, oggi rari con la tecnica robotica, includono sanguinamento, infezione, e fistola urinosa (piccola perdita dalla sutura della vescica), solitamente prevenuta mantenendo il catetere per 7-10 giorni. L’esperienza del chirurgo è fondamentale per minimizzare questi rischi.
Quanti giorni di ricovero per nefroureterectomia?
Con l’approccio robotico mininvasivo, la degenza è notevolmente ridotta. La maggior parte dei pazienti viene dimessa dopo 3-5 giorni, contro i 7-10 giorni necessari per la chirurgia tradizionale “open”.
Cosa comporta l’asportazione dell’uretere/cuffia vescicale?
È una parte essenziale dell’intervento per garantire la radicalità oncologica e ridurre il rischio di recidiva del tumore lungo il canale urinario. Non modifica la minzione, che avverrà normalmente attraverso la vescica, alimentata dal rene controlaterale sano.
Che cos’è la nefroureterectomia con pastiglia vescicale?
È il termine tecnico corretto per l’intervento. “Pastiglia vescicale” (o “cuffia”) si riferisce a quel piccolo dischetto di parete vescicale che viene asportato insieme all’ultimo tratto dell’uretere. È un passaggio cruciale per assicurare che tutto il tessuto a rischio sia stato rimosso.
Conclusione
La nefroureterectomia per tumore delle alte vie urinarie è una procedura oncologica complessa che richiede un equilibrio perfetto tra radicalità e mininvasività. La scelta di affidarsi a un centro ad alto volume specializzato in chirurgia robotica urologica, come quello diretto dal Prof. Matteo Ferro, offre vantaggi concreti: accesso alle tecnologie più avanzate, un’equipe con vasta esperienza nella gestione della patologia e delle possibili complicanze, e un percorso multidisciplinare integrato con gli oncologi. Se hai ricevuto una diagnosi di tumore dell’alta via urinaria o hai bisogno di un secondo parere, è fondamentale agire rapidamente.
Contatti e Prenotazione Rapida – Prof. Matteo Ferro
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Affidati a un centro ad alto volume per la Nefroureterectomia per tumore delle alte vie urinarie. Chiama ora il Prof. Ferro al 3508195362.
Le informazioni contenute in questo articolo hanno carattere puramente informativo e non sostituiscono la consulenza medica specialistica. Il piano di cura definitivo deve essere stabilito da un medico qualificato dopo un’accurata valutazione del singolo caso.