
Fattori di rischio del tumore del rene: prevenire è possibile?
Settembre 24, 2025L’Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) è una condizione estremamente comune nell’uomo, ma la sua gestione non è una strada a senso unico. Spesso, i sintomi urinari noti come LUTS (Lower Urinary Tract Symptoms), difficoltà a urinare, getto debole, bisogno frequente di giorno e di notte, arrivano a compromettere significativamente il benessere quotidiano, dal sonno al lavoro, fino alla vita sociale e di relazione. La domanda che molti si pongono, quindi, non è tanto “se” trattare l’IPB, ma “come” e “quando”. Rispondere al quesito: “IPB e qualità di vita: quando intervenire chirurgicamente?”, diventa una questione centrale, ed è il primo passo per riappropriarsi del proprio benessere.
L’obiettivo non è semplicemente curare un organo ingrossato, ma restituire alla persona una vita libera da limitazioni. In questo percorso, l’approccio del Prof. Matteo Ferro, urologo e chirurgo robotico di riferimento, si basa su una diagnostica avanzata e sulla scelta della tecnica più adatta a ogni singolo paziente, garantendo una presa in carico rapida e personalizzata a Milano.
IPB e qualità di vita: quando intervenire chirurgicamente?
La decisione di passare da una terapia farmacologica a un intervento chirurgico per l’Ipertrofia Prostatica Benigna non è quasi mai improvvisa, ma è il risultato di un’attenta valutazione che mette in relazione i dati clinici con l’impatto che i sintomi hanno sulla vita di tutti i giorni.
Dal farmaco al bisturi: i criteri pratici
L’intervento chirurgico diventa l’opzione raccomandata quando la gestione medica non è più sufficiente o quando si manifestano complicanze. I criteri che guidano questa scelta sono chiari e misurabili:
- Fallimento della terapia medica: I farmaci (come alfalitici o inibitori della 5-alfa-reduttasi) non producono più i benefici desiderati o causano effetti collaterali intollerabili.
- Peggioramento della qualità di vita: Il punteggio del questionario IPSS (International Prostate Symptom Score), che valuta la gravità dei sintomi, rimane elevato (indicativamente superiore a 19), segnalando un disagio significativo.
- Dati urodinamici oggettivi: L’uroflussometria mostra un flusso urinario (Qmax) molto ridotto e l’ecografia rileva un elevato residuo post-minzionale (PVR), cioè un ristagno di urina in vescica dopo aver urinato.
- Complicanze ricorrenti o gravi: La comparsa di episodi di ritenzione urinaria acuta (blocco improvviso della minzione), infezioni urinarie ricorrenti, calcoli vescicali dovuti al ristagno, o episodi di sanguinamento (ematuria) sono segnali che l’ostruzione sta causando danni.
- Danno alle alte vie urinarie: In casi avanzati, l’ostruzione può causare una dilatazione dei reni (idronefrosi) e portare a un’insufficienza renale.
- Volume prostatico molto elevato: Quando la prostata è particolarmente grande, la terapia medica ha spesso un’efficacia limitata e l’intervento diventa la soluzione più risolutiva.
L’obiettivo è duplice: risolvere i sintomi per migliorare la qualità di vita e prevenire danni permanenti a vescica e reni.
Valutare il rischio individuale
Ogni paziente è unico. La scelta chirurgica deve tenere conto dell’età, delle comorbilità (patologie cardiache, diabete), dell’eventuale assunzione di farmaci anticoagulanti e, soprattutto, delle aspettative individuali. La discussione su temi come la preservazione dell’eiaculazione e della funzione sessuale è un momento cruciale del dialogo tra medico e paziente. Anche le necessità personali, come un rapido rientro all’attività lavorativa, influenzano la scelta della tecnica più appropriata. Un approccio moderno, come quello promosso dal gruppo di ricerca del Prof. Ferro, utilizza modelli avanzati per personalizzare il trattamento, considerando come fattori individuali e stili di vita possano influenzare l’esito delle terapie, un concetto applicato anche in altri ambiti urologici per predire la risposta ai trattamenti.
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Tecniche chirurgiche a confronto (spiegazione semplice)
Oggi esistono diverse opzioni chirurgiche, dalle più consolidate alle più innovative e mininvasive. La scelta dipende principalmente dal volume prostatico e dalle priorità del paziente. È importante distinguere questi interventi dalla chirurgia per il tumore della prostata (prostatectomia radicale), il cui scopo è asportare l’intera ghiandola per finalità oncologiche. Negli interventi per IPB, l’obiettivo è rimuovere solo il tessuto prostatico centrale che causa l’ostruzione.
HoLEP / ThuLEP (Enucleazione laser con Olmio o Tullio):
Utilizzando un laser, si “sguscia” l’adenoma prostatico in modo anatomico. È una tecnica eccellente per prostate di qualsiasi dimensione, anche molto grandi. I vantaggi principali sono una ridotta perdita di sangue, tempi di cateterizzazione e degenza brevi. L’effetto collaterale più comune è l’eiaculazione retrograda (l’orgasmo viene percepito ma il liquido seminale refluisce in vescica).
TURP bipolare (Resezione Transuretrale della Prostata):
Considerato per decenni il “gold standard”, prevede la resezione del tessuto prostatico “a fettine” tramite un resettore elettrico. È molto efficace per prostate di volume medio-piccolo. I rischi e i benefici sono ampiamente noti e consolidati.
Aquablation (AquaBeam):
Una tecnica robotica che utilizza un getto d’acqua ad alta pressione, guidato da un’ecografia in tempo reale, per resecare il tessuto prostatico. Offre un’elevata precisione e un buon profilo di preservazione della funzione eiaculatoria in pazienti selezionati.
Rezum (Vapore acqueo):
Un trattamento mininvasivo che si esegue in regime ambulatoriale o day surgery. Vengono iniettate piccole quantità di vapore acqueo nel tessuto prostatico, che nel giro di alcune settimane si ritrae, riducendo l’ostruzione. È un’opzione valida per chi desidera preservare l’eiaculazione e ha una prostata non eccessivamente grande.
UroLift / iTIND:
Si tratta di dispositivi meccanici mininvasivi. L’UroLift utilizza piccoli impianti per “tirare” e tenere aperti i lobi prostatici, mentre l’iTIND è un dispositivo temporaneo che rimodella il canale uretrale. Entrambi hanno come punto di forza un’altissima probabilità di preservare la funzione eiaculatoria.
RASP (Robot-Assisted Simple Prostatectomy):
La prostatectomia semplice robotica è l’evoluzione mininvasiva del classico intervento a cielo aperto, riservata a prostate di volume molto elevato (>120-150 grammi). Studi recenti, a cui ha contribuito anche il Prof. Ferro, confermano come la precisione del robot consenta di ottenere ottimi risultati funzionali con una degenza ospedaliera significativamente più breve rispetto alla chirurgia tradizionale.
Quanto dura l’intervento, il ricovero e la convalescenza
I tempi di recupero variano in base alla tecnica scelta.
Durata intervento:
Si va dai 20-30 minuti per tecniche come Rezum o UroLift, ai 60-90 minuti per una TURP o HoLEP, fino a superare le 2 ore per una RASP su prostate molto voluminose.
Ricovero:
Le procedure mininvasive come il Rezum possono essere ambulatoriali. Per TURP e HoLEP, la degenza è solitamente di 1-3 notti. Per la RASP, nonostante la complessità, la degenza media è di 3-4 giorni.
Convalescenza:
Il catetere vescicale viene rimosso dopo 1-2 giorni per le tecniche laser, mentre può essere necessario più a lungo per altre procedure. Il ritorno alle normali attività quotidiane avviene in pochi giorni, mentre per lo sport e gli sforzi fisici intensi è bene attendere 3-4 settimane. Una lieve e transitoria presenza di sangue nelle urine è normale nelle prime settimane. È importante contattare il centro in caso di febbre, dolore intenso o impossibilità a urinare dopo la rimozione del catetere.
Un corretto percorso di preparazione (pre-hab) e un attento follow-up con controlli (IPSS, uroflussometria) sono fondamentali per ottimizzare il risultato.
La tua domanda è “IPB e qualità di vita: quando intervenire chirurgicamente?”. Trova la risposta giusta per te a Milano con il Prof. Ferro al +393508195362.
L’esperienza del Prof. Matteo Ferro: percorso rapido e personalizzato a Milano
Affidarsi a un centro di eccellenza significa ricevere una valutazione completa e un piano terapeutico cucito su misura.
Prima visita e diagnostica
Il percorso inizia con un’accurata anamnesi per capire l’impatto dei sintomi sulla vita del paziente. La visita include la compilazione del questionario IPSS, l’esplorazione rettale, l’ecografia prostatica transrettale per definire con precisione il volume e la morfologia della ghiandola, l’uroflussometria con valutazione del residuo post-minzionale e, se indicato, il dosaggio del PSA.
Decisione condivisa
Sulla base dei dati raccolti, il Prof. Ferro illustra le opzioni disponibili, creando un algoritmo personalizzato. La scelta tiene conto del volume prostatico, delle priorità del paziente (preservazione dell’eiaculazione, rapidità del recupero), delle sue condizioni generali e del tipo di anestesia più indicato.
Sala operatoria e team dedicato
L’utilizzo di tecnologie mininvasive e robotiche avanzate, unito all’esperienza di un team chirurgico dedicato, permette di massimizzare l’efficacia dell’intervento riducendo al minimo le complicanze e i tempi di degenza, garantendo una dimissione protetta e un follow-up strutturato.
FAQ
IPB quando intervento chirurgico?
Si considera l’intervento chirurgico per l’IPB quando la terapia farmacologica non è più efficace o provoca effetti collaterali, i sintomi urinari peggiorano drasticamente la qualità di vita (punteggio IPSS alto) o insorgono complicanze come ritenzione urinaria, infezioni ricorrenti, calcoli in vescica o danno renale.
Quando si deve intervenire chirurgicamente alla prostata?
I segnali che accelerano la decisione verso la chirurgia sono l’impossibilità di urinare (ritenzione acuta), la formazione di calcoli in vescica, il sanguinamento prostatico ricorrente e l’evidenza che l’ostruzione stia danneggiando la funzione renale. Un progressivo peggioramento dei sintomi, non più controllato dai farmaci, è l’indicazione più comune.
Quanto deve essere la prostata per essere operata?
Non esiste un volume minimo o massimo assoluto. La decisione si basa più sui sintomi e le complicanze che sulle dimensioni. Tuttavia, il volume prostatico guida la scelta della tecnica: per volumi piccoli-medi (fino a 80-90 cc) sono indicate tecniche come TURP, Rezum, HoLEP; per volumi molto grandi (oltre 120-150 cc) le opzioni migliori sono l’enucleazione laser (HoLEP/ThuLEP) o la prostatectomia semplice robotica (RASP).
Qual è la migliore opzione chirurgica per l’IPB?
La migliore opzione è quella più adatta al singolo paziente. Non esiste una tecnica superiore in assoluto. La scelta dipende da una mappa decisionale che considera:
- Volume della prostata: Grande (RASP, HoLEP) vs Piccolo/Medio (TURP, Rezum, etc.).
- Priorità del paziente: Preservazione dell’eiaculazione (Rezum, UroLift, Aquablation) vs Massima disostruzione (HoLEP, RASP).
- Comorbilità: Pazienti con alto rischio di sanguinamento beneficiano delle tecniche laser.
La discussione con l’urologo è fondamentale per una scelta informata e condivisa.
Conclusione
Affrontare l’Ipertrofia Prostatica Benigna significa porsi l’obiettivo di recuperare una qualità di vita ottimale. L’intervento chirurgico non è una sconfitta della terapia medica, ma la soluzione più efficace e duratura quando i sintomi diventano invalidanti o pericolosi per la salute. L’ampia gamma di tecnologie oggi disponibili permette di personalizzare il trattamento in modo sartoriale, bilanciando efficacia, invasività e aspettative del paziente. L’obiettivo non è “operare tutti”, ma restituire a ciascuno il piacere di una vita quotidiana senza limitazioni. Un consulto specialistico è il primo e più importante passo per definire il percorso terapeutico più giusto.
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Nota: le informazioni contenute in questo articolo hanno carattere puramente divulgativo e non sostituiscono in alcun modo il parere del medico.